Sono le due del mattino del 18 maggio 1868. Gli abitanti di San Pietroburgo si svegliano di soprassalto al rumore di 101 colpi di cannone più 1. A Carskoe Selo, Maria Fédorovna dà alla luce Nikolaj Aleksandrovic Romanov, primogenito della famiglia imperiale e futuro zar di tutte le Russie. Il popolo festeggia, bevendo vodka e riversandosi nelle strade della capitale. Qualcuno, però, non riesce a non notare un particolare inquietante: Nikolaj è nato nel giorno di Giobbe, considerato il più nefasto di tutto il calendario liturgico ortodosso, e tale coincidenza grava su di lui come il peso di una premonizione.
Questa è la storia del declino di una dinastia, una delle più potenti che il mondo abbia mai conosciuto. Ma è anche la storia di una famiglia, delle sue debolezze e delle sue paure, delle speranze che l'hanno portata a fidarsi delle persone sbagliate e delle convinzioni che l'hanno resa cieca di fronte alle necessità del suo popolo. Siamo abituati a pensare che l'inferno sia solo degli umili, che i ricchi e i potenti siano come esonerati da esso, intoccabili, nelle loro torri d'avorio.
Ma l'inferno è dei viventi, come diceva Calvino.
E questo è quello degli ultimi Romanov.