• The Italian Diary: Reflections of a Canadian-Italian Daughter

  • By: Silvana Saccomani
  • Podcast

The Italian Diary: Reflections of a Canadian-Italian Daughter

By: Silvana Saccomani
  • Summary

  • Children of immigrants share two worlds: the one their parents came from; and the one they were born into. In this podcast, I share reflections of what it was like growing up in Canada to Italian immigrant parents. And now what it's like as an adult living half the year in Italy as a Canadian. For language learners, there are English and Italian scripts and audio versions.
    © 2021 The Italian Diary
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Episodes
  • La Miseria: Che significa?
    May 24 2021

    Silvana Saccomani, aprile 2021

    Come figlia di genitori emigrati dall’Italia, dovevo avere circa 4 anni quando sentii questa parola per la prima volta. Una parola che sarebbe stata ripetuta successivamente centinaia di volte nel corso degli anni. “MISERIA”: una parola semplice con un suono armonico,  tuttavia imbottita di enorme emozione perche’ significa “la poverta’ assoluta” in inglese. I miei genitori crebbero nella miseria durante gli anni 40 in Italia.

    Mia mamma conservo’ questa parola nella loro cassetta degli attrezzi di casa su un pezzetto di carta.  E quando stavo per esprimere un mio legittimo lamento – come per esempio, il dover indossare abiti di seconda mano, condividere la bicicletta con le mie sorelle, o camminare mezzo kilometro per andare a scuola – lei, mia madre, tiro’ fuori “la Miseria” dalla cassetta e mi fece sedere per raccontarmi che cos’e’la poverta’ estrema: il suo sapore, il suo tocco e quel che fa fare alle persone.

    La Miseria ha poco sapore. Ha poca varieta’. Riguardo al menu’della cena, se una sera veniva servita la polenta prima, seguita dalle patate poi, il giorno dopo l’ordine cambiava e il pasto cominciava con le patate per primo e la polenta per secondo.  Una volta al mese c’era la carne, ovvero pollo o coniglio  – ma non emozionarti – perche’ un pollo che pesa 2 kilogrammi doveva essere diviso in almeno sei porzioni per sei anime piene di fame. Non ci furono mai doppie porzioni e dunque mai nessuna necessita’ di mettersi a dieta.

    La Miseria e’ ruvida al tatto.  Mia nonna prendeva quei sacchi di patate e li convertiva per fare la sottoveste per la mamma e le sue sorelle;  ma il tessuto le pizzicava di continuo creando delle irritazioni sulla loro pelle. Nel frattempo il nonno fece per loro delle scarpe di legno, tipo zoccoli, con la parte di sopra fatta di cartone fissato con chiodi.  Non furono esattamente della misura giusta per i suoi piedi e dunque mia madre dovette mettere delle calze doppie nella loro punta per darli spessore. Un paio per ciascuno e solo per uscire in pubblico.

    La Miseria ti rende debole e stanco. Lei non vedeva l’ora di andare alla messa quotidiana perche’ dietro il velo scuro che copriva la faccia, poteva addormentarsi in pace. Il mese di maggio era il preferito di mia madre. Maggio e’ dedicato alla Madonna, il che offriva l’occasione di andare in chiesa due volte al giorno: dunque due pisolini invece di uno. Svenire di fame, fu l’altra cosa che capito’ durante la messa e a quanto pare, mia mamma e sua gemella svennero a turno.

    La Miseria non risparmia nessuno. Persino il mulo della fattoria, Gina, era debole per la fame; e dopo una giornata faticosa in campagna in pieno calore,  la povera bestia non ce la faceva a salire l’ultima salita. Mia mamma e i suoi fratelli dovevano darle una piccola spinta, sperando che i vicini non li avrebbero visti nel dover aiutare la povera Gina.

    La Miseria fa si’che i genitori si arrabbiino facilmente. Se, per esempio, sprecavi un fiammifero, cioe’ ne usavi uno di troppo, per accendere una candela per illuminarti la strada per andare a letto nel buio, quando invece quello stesso fiammifero doveva essere conservato per l’indomani per accendere la stufa a legna, venivi castigato e andavi a letto senza la borsa dell’acqua calda che serviva per riscaldarsi sotte le coperte di lana che erano impregnante di umido.

    La Miseria costringe le persone a prendere grandi decisioni. Nel caso dei miei genitori, la Miseria gli fece  lasciar la loro patria in cerca di una vita migliore in Canada.

    Alla fine, la Miseria ha dei poteri speciali sui ragazzi:  li fa pensare due volte prima di lamentarsi e, poi, li aiuta a comprendere quanto sono fortunati.                

    FINE

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    7 mins
  • Miseria: A word used in parenting
    May 24 2021

    Silvana Saccomani, April 2021

    As the child of Italian immigrants growing up in Canada I must have been about four years old when I first heard the word. One I would subsequently hear repeated hundreds of times over the years. M-I-S-E-R-I-A…a word so simple and harmonic sounding yet packed with tremendous emotion because it means “dire poverty” in English. My parents grew up in, miseria in Italy during the 1940s.

    My Mom stored that word in her parenting toolkit. And whenever I was about to launch a “legitimate complaint”—like having to wear hand-me-downs, sharing a bicycle with my sisters, or walking the ten blocks to school—she would pluck miseria out of her toolkit and sit me down for a lesson on what dire poverty means: what it tasted and felt like and what it made people do.

    Miseria, apparently, tastes bland. It has little variety. Regarding the dinner menu, if one evening polenta was served first followed by potatoes; then the next evening, potatoes would be the first course and polenta the second. Once a month, there was a meat dish, that is chicken or rabbit. But don’t get too excited: a 2 lb chicken would be divided into at least six small portions for six very hungry souls. There were never second helpings and so never a need to go on a diet.

    Miseria, apparently, is rough to the touch. My grandmother—or Nonna as we call her in Italian—would take potato sacks and repurpose them into slips for my Mom and her sisters. But the fabric was so itchy the girls developed red rashes on their skin.  My Nonno—or grandfather— meanwhile made the family’s shoes: a wooden clog sole with cardboard nailed on top for the uppers. They never came in exact sizes, so my Mom stuffed socks into the toes to make them fit. Un pair for person and only to go out in public.

    Miseria, apparently, makes you weak and tired. My mom could hardly wait to go to daily mass because behind the dark veil that covered her face, she could doze off in peace.  The month of May was my Mom’s favourite month. May is dedicated to the Blessed Virgin, offering an occasion to go to church twice a day, so two catnaps instead of the usual one. Fainting was another thing that happened during mass, and apparently, my mom and her twin took turns fainting.

    Miseria, apparently, spares no one. Even the farm’s working mule, Gina, was weak from hunger. After a hard day in the fields in the heat, the poor animal could not make it up the last hill.  My Mom and her siblings had to give her a little push, hoping none of the neighbours saw the need to help poor Gina.

    Miseria, apparently, makes parents quick to anger.  If, for example, you “wasted” a matchstick—meaning you used one too many, by lighting a candle to help make your way in the dark to bed, when that same matchstick was supposed to be saved for the next day to light the wood stove—you were disciplined: going to bed with no hot-water bottle to create warmth under the heavy damp woolen blankets.

    Miseria, apparently, forces people to make big decisions. In my parent’s case, Miseria made them leave their homeland in search of a better life in Canada.

    And finally, Miseria, apparently, has special powers over children: making them think twice before complaining and helping them understand how lucky they are.

    END

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    6 mins
  • Il mio nome: Silvana
    May 24 2021

    Silvana Saccomani, maggio 2021

    C’e’ solo una cosa che ognuno di noi porta con se’ sin dalla propria nascita fino al momento della nostra morte e nell’aldila’.

    Il nostro nome.

    Riguardo al mio, mi ha sempre creato problemi.

    Quando stavo per venire al mondo, i miei genitori—italiani immigrati in Canada— erano appena arrivati in questo loro nuovo paese, in cerca di una vita migliore. Infatti, il mio papa’, non era accanto alla mia mamma durante il momento del mio parto. Anzi, era in fila alla miniera dove andava tre volte al giorno in cerca di lavoro, senza vergogna.

    Trovare lavoro e sistemarsi era molto piu’ importante per loro che scegliere quel nome perfetto per la loro bambina. Sai, quello che l'avrebbe aiutata ad avere un futuro in questo nuovo mondo come una giovane ragazza, forte e indipendente.

    Sono diventata Silvana Saccomani, subito dopo il mio primo respiro.

    Al primo anno di scuola elementare, ci stabilimmo a Lethbridge nell’Alberta.

    Fu la prima volta che persone al di fuori della mia famiglia pronunciarono il mio nome in pubblico.  Non era molto bello.

    Mi facevo piccola ogni volta che un supplente di scuola doveva fare l’appello. Non capii perché non lo divisero in sillabe, come ci avevano insegnato a scrivere e leggere. Non lo fecero e dunque quello che venne fuori fu Silvia Sacomi.

    Dopo il primo giorno, i miei compagni di scuola mi battezzarono SIL— un monosillabo che non mi piacque proprio.

    Senza spiegazione da parte dei miei genitori riguardo alle origini del mio nome, usai l’enciclopedia per cercare di scoprire quanto piu’ possibile e comprendere le conseguenze per il mio futuro.

    Ecco quello che trovai.

    Negli anni 50, c'era una attrice italiana famosa chiamata Silvana Mangano.

    Quindi, anch'io sarei diventata una star?

    In latino, Silvana e’ composto da due parti: Silva significa bosco; Ana vuol dire grazia.

    Quindi, il mio destino era diventare una graziosa principessa e abitare in una villa italiana nel bosco?

    Finalmente, trovai che  Saccomani deriva in italiano da sacco o borsa a mano.

    Dunque forse,  i miei antenati erano artigiani del cuoio che in passato guadagnarono milioni

    di cui io sarei stata  l’ erede un giorno ?

    Fu pure ovvio che i datori di lavoro non fecero mai nessuna ricerca al riguardo. Quando andai per il mio primo colloquio all’eta’ di 16 anni, l’impiegato dal comune mi dette un’occhiata e poi balbetto’, “Ma tu non sei giapponese!”

    Certo che a Lethbridge, ci sono i giardini giapponesi e tante brave famiglie giapponesi, compreso i Sakamoto. Ma io non ne facevo parte.

    Tanti anni piu’tardi, mio marito ed io comprammo una seconda casa in Italia.

    Io fui molto entusiasta dell’acquisto ma non per l'idea romantica di tornare alle radici familiari.

    Fu una ragione molto piu’ semplice: seppi che almeno li’, gli italiani avrebbero pronunciato correttamente il mio nome e cognome.

    E si’, loro sapevano come pronunciarlo; io, invece, no.....

    Non importa dove andavo, in comune per il permesso di parcheggio o in banca per aprire un nuovo conto,  tutti erano disponibili a correggere i miei difetti di pronuncia. Poi c'era il discorso della pausa; a quanto pare, dovevo insistere un secondo in piu’ sulla doppia ‘c’ nel cognome e non tanto quanto sulla singola lettera ‘n’.

    Una mia amica di scuola si chiama Brenda Mass. Questo si’ che e’ un bel nome.

    FINE

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    7 mins

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